Quando penso al futuro, penso a ciò che un prete di campagna mi diceva tempo fa: siamo tutti “usufruttuari” su questa terra e l’importante è che, quando ce ne andiamo, lasciamo le cose un po’ meglio di come le abbiamo trovate.
Da un’intervista con Enrico Loccioni
«Immaginare il futuro è una delle cose che preferisco. È un grande talento che possiamo sviluppare e se lo facciamo con umiltà e con energia, con rispetto e passione è molto probabile che il futuro sia molto simile a quella che abbiamo immaginato.
Per fare questo credo sia importante conoscere bene il passato, le proprie radici e attingere da lì la linfa e la forza per fare meglio. Nel nostro lavoro cerchiamo settori che si rinnovino in continuazione, e una continua diversificazione di mercati e di clienti: un approccio che abbiamo mutuato dai contadini, che diversificavano le colture per ridurre il rischio e per non dipendere da altri.
Il progetto, l’obiettivo nel futuro, tira fuori le migliori risorse di ognuno e della squadra. Per questo cerchiamo di offrire ai bambini, ai giovani, così come ai senior del nostro territorio lo stimolo a farsi delle domande sul futuro, ad immaginare la propria vita lavorativa e impegnarsi per realizzarla. È questo il senso del nostro impegno sulle scuole del territorio: integrarsi con la scuola per fare un salto in avanti orientando le scelte e creando consapevolezza.
Il futuro sarà dei lavoratori della conoscenza, quelli che riescono a vedere l’opportunità ancora invisibile, quelli che portano avanti progetti con passione. Quando c’è un progetto si creano reti di persone o piccole imprese in modo spontaneo, senza imposizioni o burocrazia a ingessarle.
È così che vedo il futuro: se vogliamo ottenere dei frutti dobbiamo occuparci dell’albero, invece noi tendiamo a raccogliere i frutti e dell’albero non si occupa più nessuno. È molto divertente occuparsi dell’albero, che è il sistema vivo, l’impresa, l’organizzazione, la crescita, ciò che le persone fanno e sognano: è veramente entusiasmante vedere i giovani che progettano il loro futuro e nello stesso tempo quello dell’impresa in cui lavorano e del territorio che abitano.
L’educazione, i valori, le relazioni che contavano nelle famiglie contadine, contano ancora per me e cerco di preservarli e trasferirli all’impresa. Soprattutto quando penso al futuro penso a ciò che un prete di campagna mi diceva tempo fa: siamo tutti “usufruttuari” su questa terra ed è importante che quando ce ne andiamo, lasciamo le cose un po’ meglio di come le abbiamo trovate.»